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LA RESPONSABILITÀ CIVILE DEL MEDICO DOPO LA RIFORMA “BALDUZZI”

Prima di intraprendere una qualsivoglia discussione sugli effetti dell’inquadramento della responsabilità medica  nell’alveo della responsabilità contrattuale od extracontrattuale, anche alla luce della L.189/2012 ed alle recenti pronunce di merito del Tribunale di Milano di luglio e di novembre 2014,  è utile chiarire al lettore, che non sia operatore del diritto, alcuni concetti.

         Si intende per “responsabilità medica contrattuale”: la tesi secondo la quale tra il paziente ed il medico si instaura un vero e proprio contratto di prestazione d’opera. Il debitore (medico) che non esegue esattamente la prestazione dovuta  (trattamento sanitario) è tenuto al risarcimento del danno nei confronti del creditore (paziente), se non prova che l'inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa a lui non imputabile.

         Il medico, pertanto, sarà  sempre tenuto a risarcire il paziente (o dei suoi eredi)  almeno che non riesca a dimostrare che l’evento ( commissivo od omissivo) che ha generato  il danno  sia  dovuto a fattori esterni a lui non imputabili ad esempio eventi accidentali non previsti o non prevedibili.

In questo caso il paziente (od i suoi eredi) ha 10 anni di tempo (prescrizione) dall’evento che ha generato il danno  per iniziare una causa nei confronti del medico.

         Si  intende, invece,  per “responsabilità medica di tipo extracontrattuale”: la tesi secondo la quale il medico è tenuto a risarcire i danni patiti dal paziente che siano conseguenza di un suo comportamento commissivo od omissivo  doloso (voluto e preordinato) o colposo (non voluto ma che poteva essere  evitato con diligenza e  perizia) che abbia generato nel paziente un danno ingiusto.

In questo caso sarà il paziente a dover provare in  giudizio che il danno da lui patito e conseguenza diretta dell’attività del medico e che quest’ultimo avrebbe potuto evitare il generarsi del danno usando nell’attività medica la dovuta (secondo il caso) diligenza e perizia .

In questa seconda ipotesi, quindi il paziente che vorrà essere risarcito dal medico sarà costretto in giudizio a  fornire prova non solo del  danno patito, ma anche che questo è conseguenza diretta  del fatto del medico. 

In questo caso il paziente (od i suoi eredi) ha 5 anni di tempo (prescrizione) dall’evento che ha generato il danno  per iniziare una causa nei confronti del medico. Se il fatto del medico da cui è scaturito il danno, ha invece anche rilevanza penale, allo stesso si applicherà un termine di prescrizione più lungo corrispondete a quello previsto per il reato penale ( ad esempio   in caso di lesioni colpose  la prescrizione sarà  di 7 anni e 6 mesi invece che 5 anni )

La prescrizione, intesa come il termine ultimo entro il quale il paziente può chiedere il risarcimento delle lesioni subite al medico, può essere interrotta con  una manifestazione di volontà (ad esempio lettera racc. a/r indirizzata al medico) in cui sia esplicitata la sua intenzione di voler procedere in giudizio per ottenere il risarcimento dei danni. Da quel momento il termine prescrizionale ( 5 o 10 anni) ricomincerà a decorrere dall’inizio.

  Fatte le dovute premesse, è interessante osservare come la Giurisprudenza di Merito, a seguito della entrata in vigore della Legge Balduzzi sulla riforma della responsabilità medica, stia seguendo  diversi orientamenti; la Cassazione sul punto ancora non avuto la possibilità di esprimersi essendo la riforma in oggetto del 2012 e pertanto troppo “giovane”- visti i tempi della Giustizia- per arrivare innanzi la Suprema Corte.

         Orbene, il Tribunale di Milano con due diverse pronunce; una del luglio del 2014 e l’altra del novembre 2014  si è espressa in maniera contrastante.

 Secondo la sentenza n. 9693 del  23 luglio 2014, estensore Giudice Dr. P. Gattari,  la responsabilità medica è essenzialmente una responsabilità extracontrattuale e pertanto sussisterebbe l’obbligo del medico di risarcire il paziente solo se questi riesca a fornire la prova del danno e del legame di questo con la condotta del medico.

          Con la  sentenza n. 13574 del 18 novembre 2014,  estensore Giudice  Dr. A. Borrelli, il Tribunale di Milano, invece, qualifica la responsabilità medica come contrattuale con la conseguenza che il medico sarà tenuto a risarcire il danno lamentato dal paziente se non prova che le lesioni sono frutto di un evento a lui non imputabile ne prevedibile.

          Tali diversi orientamenti non devono spaventare il medico ed indurlo a praticare una cd. medicina difensiva, quanto piuttosto  possono essere usati  dall’operatore sanitario, costretto a difendersi in giudizio su chiamata del paziente, come grimaldelli per aprire porte che fino ad oggi rappresentavano limiti invalicabili.

Oggi, il paziente che ha intenzione di intraprendere una causa civile per tentare di ottenere il risarcimento di lesione derivanti presuntivamente dall’attività medica a cui è stato sottoposto, si troverà costretto ad elevati esborsi economici dovuti all’aumento delle spese di giustizia e  prima ancora a dover sottoporsi al cd. tentativo obbligatorio di conciliazione, ed in ultimo all’incerto orientamento della Magistratura sulla natura giuridica della responsabilità medica, con la possibilità per il medico chiamato in causa, assistito da un buon professionista, di incidere con esiti a lui favorevoli sia nella fase pre- processuale relativa alla conciliazione obbligatoria che quella  successiva e processuale innanzi il Tribunale.

Avv. Francesca Galateri di Genola e Avv. Gianluca Bozzelli

 

Consulenti legali della CIMOP Sezione Regionale Campania

 

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